FILOSOFIA, bisogno tattile di materia


POETA DEL FANGO

Tra i miei ricordi più belli e intensi il ringraziamento di un agricoltore e di sua moglie, in lacrime dopo una proiezione di foto di radicchio. Lacrime di orgoglio per un lavoro che sempre avevano creduto tra i più umili, ma che quella sera e per la prima volta vedevano con occhi diversi, con ritrovata dignità. E lacrime di nuova consapevolezza, consapevolezza di coltivare un prodotto che sapevano buono e naturale, ma che a loro dire mai avevano visto né mai immaginato anche così bello e così importante.


E che dire di questa testimonianza: “Paolo, ogni volta che troviamo del radicchio nel piatto non riusciamo a non pensare alle tue immagini, ora lo vediamo con occhi diversi e non apprezziamo più solo un radicchio buonissimo, ma anche qualcosa di prezioso, artistico e incredibilmente bello. Hai cambiato il nostro modo di mangiare le verdure, sei un vero poeta”.
“Poeta? Poeta del fango” rispondevo.
In quel periodo stavo infatti realizzando un ampio reportage per conto del Consorzio Radicchio di Treviso e Castelfranco e le fangose campagne autunnali e invernali erano il mio contesto abituale.

Il mio rapporto con la terra e con chi la vive e lavora stava prendendo un nuovo, significativo abbrivio. Una nuova sensibilità era entrata nelle mie corde.
L’intuizione è arrivata quando, in occasione di una mostra fotografica per conto del Consorzio, ho scoperto l’esistenza di una stampante in grado di gestire pannelli fino a 5 cm. di spessore. Da tempo ero insoddisfattoper quelle sensazioni di artificiosità e inconsistenza che spesso provavo osservando le lucide stampe fotografiche (Cibachrome) prodotte con le mie diapositive. “Plasticosità” è il termine che meglio rende la percezione quasi tattile del mio fastidio, un supporto non in armonia con le mie immagini di campagna e di prodotti naturali.

“Perché non stampare le foto su qualche pannello più materico? Legno, intonaco … e se provassi con la terra?”
Terra, terra di campo, la più umile, essenziale e indispensabile delle materie.
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GEO-IDENTITA’

Ho pensato alla terra dei campi che in quel periodo stavo calpestando, proprio a quel “fango” che in qualche modo stavo celebrando. La prima terra non poteva essere quindi che quella di un campo di Radicchio di Treviso Rosso Tardivo IGP. Il valore filologico di questo percorso era ancora in fase embrionale, ma ben presto si sarebbe completamente svelato, consolidandosi nei miei lavori. L’idea di riportare l’immagine di un frutto della terra esattamente su quel suolo che lo aveva generato


mi affascinava per il profondo significato concettuale, con risvolti dal sapore vagamente feticista. M’intrigava altrettanto prepotentemente la componente materica e le percezioni tattili che ne sarebbero derivate, non ultima la possibilità d’intervenire in questo processo utilizzando le mie mani per plasmare le superfici.
Nel mio zaino oltre a fotocamera e obiettivi incominciarono a trovar posto anche sacchetti e paletta, io stesso infatti ho iniziato a raccogliere le terre direttamente dalle campagne e dagli orti di produzione.
Un percorso in cui ho privilegiato i prodotti di eccellenza dell’agricoltura italiana che dalla Commissione Europea hanno ottenuto riconoscimento e protezione d’indicazione geografica (IGP) e di denominazione d’origine (DOP), così pure alcuni tra i numerosi vini di pregio (DOCG e DOC), infine ho completato la ricerca anche con alcuni prodotti tutelati dai Presidi Slow Food. Per estensione ho dato seguito al concetto di “terroir”, che i francesi applicano a vini e vigneti, applicandolo anche ai prodotti dell’agricoltura e chiamandolo Geo-Identità, ovvero l’identità geologica e geografica di un ben specifico e inscindibile binomio prodotto-territorio. Oltre all’iniziale Radicchio Rosso di Treviso ecco allora lo Zafferano dell’Aquila, il Brunello di Montalcino, il Prosecco di Valdobbiadene, il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo (VE), lo Zibibbo di Pantelleria, le Carote colorate di Polignano a mare … Terre originali, vive e sempre diverse, come diversi sono i prodotti che vi crescono. Argille che si ritirano e indomabili si contorcono o terreni lavici che inerti si lasciano plasmare quasi fossero un intonaco.
Terre sassose o limi sabbiosi, caranti duri come la roccia, ferrose terre rosse e nere terre di barena. Manipolando le terre si capiscono tante cose, il valore di biodiversità come caratteristica pedologia intrinseca e come valore indotto che insieme ad altre componenti caratterizza l’unicità di un prodotto e la tipicità del suo inconfondibile sapore. A volte ho creduto addirittura di ritrovare nelle terre alcuni tratti caratteriali delle genti che in quelle terre ci vivono.
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TERRE VENETE. Sette terre per sette Provincie. – Palazzo Giacomelli (TV) settembre 2015